Il bisogno dell'uomo di misurare il tempo per regolare la propria attività è molto antico. I primi "orologi" risalgono infatti circa al IV millennio a.C. e segnavano il trascorrere del tempo attraverso il movimento del Sole rispetto all'orizzonte. Il prototipo di questi orologi solari è la meridiana, uno strumento abbastanza semplice, costituito da un'asta verticale, che proietta la sua ombra su un quadrante, dove sono tracciate delle linee. Dato che la posizione dell'ombra varia nel corso della giornata, questo sistema consente di rilevare il trascorrere del tempo.
La necessità di misurazioni più accurate, anche di più brevi intervalli di tempo e nelle ore buie, ispirò l'invenzione delle clessidre . Le prime clessidre ad acqua furono costruite dai sumeri intorno al 3000 a.C. ed erano diverse da quelle che conosciamo. Erano formate da un recipiente pieno di acqua con un foro in basso, dal quale l'acqua usciva con regolarità. Attraverso l'impiego di una scala graduata, dalla quantità di acqua defluita si poteva desumere il tempo trascorso. Le clessidre a sabbia comparvero solo successivamente; è certo il loro utilizzo da parte dei romani; cadute in disuso nei primi secoli del Medioevo, ricomparvero in Europa solo nel XIII secolo.
Pi├╣ o meno contemporaneamente apparvero anche i primi orologi meccanici nei quali il movimento era dovuto a dei pesi. La loro realizzazione fu possibile grazie all'invenzione di un dispositivo fondamentale per tutta la storia degli orologi, il cosiddetto "scappamento". Questo importante meccanismo permetteva di convertire in una sequenza di battiti regolari la forza motrice di un peso in caduta. Questi orologi a pesi erano inizialmente di grandi dimensioni, tanto che erano di solito alloggiati nelle torri.
Un passo avanti decisivo fu compiuto nel Quattrocento, quando i pesi furono sostituiti da molle arrotolate a spirale; questo principio di funzionamento - tuttora impiegato - rendeva possibile la progressiva riduzione delle dimensioni, fino alla costruzione dei primi orologi da portare indosso. Pare che il primo a realizzarli sia stato l'olandese Piet Henlein nel 1511.
Un altra scoperta decisiva, che consentì di migliorare la precisione degli orologi, si verificò nel Seicento, quando Galileo Galilei (1564-1642) scoprì che il sistema più utile per misurare il tempo è contare le oscillazioni o vibrazioni di qualcosa che oscilli o vibri con regolarità. Sulla base di questo principio fondamentale, sfruttato ancora oggi, fu realizzato l'orologio a pendolo, o "pendola". Il primo esemplare fu costruito nel 1657 da un brillante matematico olandese, Christiaan Huygens (1629-1695), che applicò il principio scoperto da Galileo a una combinazione di ruote, ottenendo così la prima misura esatta del tempo.
Alla fine del Seicento si poterono realizzare orologi di una precisione mai vista fino ad allora: circa 1 secondo di errore ogni 24 ore. Questo risultato fu reso possibile da due innovazioni: un nuovo tipo di scappamento e, soprattutto, l'uso delle pietre dure per per i perni, introdotto nel 1694 dallo svizzero Nicolas Facio. Si arrivò così, all'inizio del Settecento, alla realizzazione dei primi orologi da taschino, grazie anche all'invenzione del bilanciere, un dispositivo che, realizzando in piccolo il movimento regolare del pendolo, consentiva di muovere in maniera più pratica le lancette.
La rivoluzione industriale e il progresso tecnologico resero possibile la produzione su larga scala degli orologi. Accanto agli orologi prodotti in maniera artigianale, iniziarono a diffondersi orologi dai costi più ridotti. L'industria degli orologi fiorì in Europa nell'Ottocento col contributo di vari inventori. Uno particolarmente importante fu Abraham-Louis Breguet, capostipite di una famiglia di orologiai inventori, a cui si devono importanti innovazioni e, soprattutto, la produzione di un orologio che univa una buona precisione con un costo ridotto.
A partire dal 1860 s'iniziarono a vedere persone che caricavano i propri orologi col classico gesto di rotazione della corona con indice e pollice. Quell'anno George F. Roskopf aveva introdotto il sistema di ricarica con la corona, mentre sino ad allora era stato necessario l'uso di chiavette separate. Si trattava in ogni caso ancora di orologi da taschino. I primi orologi a polso comparvero all'inizio del Novecento in Francia e Svizzera. In questa nazione, ormai divenuta la patria degli orologiai, l'inglese John Harwood invent├▓ e brevett├▓ nel 1924 il primo sistema di ricarica automatica. L'orologio aveva ormai l'aspetto e le caratteristiche di quelli odierni.
I due inconvenienti degli orologi meccanici sono stati da sempre la necessità di ricarica e la precisione relativa. Al primo inconveniente si è posto riparo con il meccanismo di carica automatica e con l'uso di motori elettrici . Questi, inventati dallo statunitense Henry E. Warren nel 1918, furono usati in particolare per gli orologi da casa, che all'inizio erano collegati alla rete elettrica domestica. Dopo aver riscosso un notevole successo, con lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'erogazione discontinua dell'elettricità, questo tipo di orologio perse rapidamente popolarità.
Per quanto riguarda la precisione, bisogna tenere presente che anche i migliori orologi meccanici perdono o guadagnano circa 4 secondi ogni anno. Allo scopo di ottenere orologi più precisi, fin dagli anni Venti sono stati sviluppati strumenti integralmente elettronici, che mettono a frutto le proprietà del quarzo. Gli impulsi elettrici impartiti a un cristallo di quarzo producono vibrazioni meccaniche a intervalli molto regolari, di solito 32.768 al secondo. Queste vibrazioni sono trasformate in impulsi elettrici e muovono un circuito meccanico che controlla il movimento delle lancette. Il primo orologio del genere, chiamato Accutron, fu realizzato presso la Bulova nel 1959 dall'ingegnere svizzero Max Hetzel. Un sistema alternativo consiste nell'inviare gli impulsi elettrici a un circuito elettronico che divide per 15 quella frequenza, così che ne risulta un impulso al secondo. A ogni secondo, attraverso un altro circuito, il segnale arriva a un display - un visualizzatore - sul quale l'ora è indicata direttamente con dei numeri, senza l'uso delle lancette. Questi orologi sono detti "digitali" - parola che deriva dall'inglese digit che vuol dire "numero", "cifra" - per distinguerli dai tradizionali orologi "analogici", nei quali l'ora dev'essere letta dalla persona in base alla posizione delle lancette. Gli orologi elettronici di questo genere sono stati commercializzati su larga scala dalla ditta giapponese Seiko all'inizio degli anni Settanta. La prima generazione di orologi elettronici digitali aveva un quadrante a LED (Light Emitting Diode), un dispositivo che impiega il diodo come sorgente luminosa. La seconda sfruttava invece dei cristalli liquidi.
Gli orologi a cristalli liquidi sono composti da tre "strati". Quello intermedio contiene i cristalli liquidi, quello superiore è di vetro polarizzato e quello inferiore riflettente. I cristalli liquidi sono divisi in vari compartimenti, ciascuno dei quali è formato da sette segmenti divisi da conduttori elettrici. Ciascun segmento corrisponde a una "barretta" del numero, così che il numero 1 è formato da due segmenti e il numero 8 da sette segmenti. La diversa distribuzione dei cristalli liquidi nei compartimenti è dovuta alla loro carica elettrica. Così, per esempio, quando i conduttori non trasportano carica, si riflette lo strato inferiore e quindi il display sembra vuoto. Se, invece, trasportano carica elettrica, questa modifica l'assetto del cristallo nei segmenti, impedendo al fondo di riflettere la luce. Gli orologi elettronici più precisi hanno un margine di errore di circa 1 secondo ogni 10 anni e sul versante della precisione hanno praticamente chiuso la storia evolutiva degli orologi da polso. Nel futuro di questo "nostro compagno da polso" c'è il tentativo di farne uno strumento polivalente, in grado di memorizzare informazioni di vario genere, come per esempio, appuntamenti o date, ecc. L'orologio elettronico è destinato a diventare un computer da polso.
Un caso particolare è rappresentato dagli orologi atomici, di altissima precisione, utilizzati soprattutto nella ricerca scientifica. In questi orologi le vibrazioni che muovono il meccanismo sono quelle degli atomi. Il più diffuso orologio di questo tipo è quello realizzato da L. Essen e J.V.L. Parry nel 1955, in cui si impiega un fascio atomico di cesio. Il vantaggio di questo dispositivo è di avere un'attività costante, che non viene condizionata da fattori esterni, come l'umidità dell'aria o la temperatura, che alterano, sia pure in misura minima, l'attività degli altri orologi. Lo svantaggio è che non hanno un quadrante dove si possa leggere l'ora. Servono solo a regolare gli orologi al quarzo perché funzionino nel modo più preciso.