Nato a Cormeilles il 18 novembre 1787, Louis Jacques Mandé Daguerre si trasferì presto a Parigi, dove trovò impiego come scenografo e decoratore presso l'Opéra. Fu probabilmente proprio la sua abilità nel ritrarre i paesaggi naturali che lo portò a perfezionare, nel 1822, una forma di spettacolo già esistente, utilizzando un apparecchio chiamato diorama. In una grande sala a cupola venivano disposte delle tele su cui erano dipinte delle vedute di grandi dimensioni. Illuminando le tele con un gioco di trasparenze e di riflessi, gli spettatori presenti nella sala buia ricevevano l'impressione di trovarsi di fronte a un panorama reale. Nelle versioni più avanzate di diorama, alcuni accorgimenti permettevano di dare al pubblico l'illusione del movimento, o del passaggio dal giorno alla notte: questo tipo di spettacolo rimase uno dei più diffusi e amati dal pubblico per tutto l'Ottocento. Tuttavia, più che al diorama, il nome di Daguerre è legato a un'altra invenzione: il dagherrotipo, un tipo di procedimento fotografico che da lui prende il nome.
A portare Daguerre sulla strada della fotografia fu Joseph Nicéphore Niepce (1765-1833), un ufficiale a riposo francese che stava cercando un metodo per realizzare delle litografie senza incidere a mano il disegno sulla pietra. Nel 1816, dopo vari tentativi, Niepce era riuscito a ottenere delle immagini in negativo su una lastra ricoperta di cloruro d'argento esposta lungamente al sole. Nel dicembre del 1829 Niepce si rivolse a Daguerre per perfezionare quella che allora veniva chiamata "eliografia", e i due stipularono un accordo per sfruttare economicamente i risultati delle loro ricerche. Lo scenografo riuscì a migliorare di molto il procedimento lavorando soprattutto sulla nitidezza delle immagini, e rendendo l'operazione più breve. L'immagine di un soggetto veniva "impressionata" su una lastra di rame coperta da un sottile strato di ioduro d'argento, fotosensibile, che veniva esposta alla luce del sole per un'ora circa; l'esposizione avveniva in una speciale camera oscura munita di obiettivo , un apparecchio antesignano della macchina fotografica . Lo sviluppo era ottenuto ponendo la lastra in una scatola contenente vapori di mercurio per circa 20 minuti: i vapori di mercurio infatti si depositavano sulle parti colpite dalla luce in modo da rendere visibile l'immagine latente formata dalla luce sullo strato di ioduro; l'immagine infine era fissata con una soluzione di iposolfito di sodio. Si otteneva così una immagine del soggetto in positivo, specularmente invertita, visibile solo sotto un particolare angolo visuale, ma che non era riproducibile.
Mentre queste ricerche venivano completate Niepce morì, senza poterne quindi raccogliere i frutti; Daguerre decise di chiamare la nuova tecnica "dagherrotipia".
Dal 1835, anno dei primi esperimenti riusciti di Daguerre, il sistema ebbe un clamoroso successo. Al 1837 risale il primo dagherrotipo conosciuto. Nel 1839 l'astrofisico D. F. Arago (1786-1853) illustr├▓ all'Accademia delle Scienze di Parigi il procedimento di Daguerre, e il governo francese, con un atto del Parlamento, ne acquist├▓ i diritti, in cambio di un vitalizio al suo inventore e al figlio di Niepce.
Nonostante il peso dell'attrezzatura per la ripresa e per lo sviluppo (tutto il necessario pesava circa 50 kg), i dagherrotipi segnarono la nascita del giornalismo fotografico e di una nuova forma di espressione artistica, diffondendosi largamente tra il pubblico fino al 1880 circa, quando, grazie a nuove scoperte, nacque la fotografia moderna.