Già noto a Padova - dove nacque nel 1655 - come liutaio e cembalaro, Bartolomeo Cristofori fu chiamato nel 1690 alla corte del granduca Ferdinando de' Medici il quale, da buon dilettante di cembalo qual era, aveva in più occasioni dimostrato la sua insoddisfazione per i liutai fiorentini. Presso la corte del suo protettore, probabilmente obbedendo a suggerimenti dello stesso principe, Cristofori si dedicò con passione a perfezionare il cembalo. Attraverso un'innovazione che gli avrebbe portato fortuna, decise di sostituire ai "saltarelli", quei meccanismi che nel clavicembalo pizzicavano le corde, dei martelli mossi a leva dai tasti. In questo modo Cristofori aveva ottenuto non più un tenue suono monotono, ma una nuova intensità di vibrazioni e una notevole varietà di colori. Cristofori chiamò il nuovo strumento "gravicembalo col piano e col forte".
Nel 1716 Cristofori venne nominato conservatore degli strumenti della corte, ma alla morte di Cosimo III, che segnò il passaggio della Toscana alla casa Asburgo-Lorena, fu presto dimenticato. Continuò comunque a vivere a Firenze, dove morì nel 1732, trascorrendo in solitudine gli ultimi anni della sua esistenza. Anche per questo motivo il pianoforte di Cristofori ebbe scarsa diffusione e il mercato europeo fu invaso dai pianoforti del costruttore sassone Gottfried Silbermann (1683-1753) e del suo allievo e nipote Johannes Zumpe (ca. 1735-1800). A Cristofori fu perfino contestata la paternità dell'invenzione, che è tuttavia innegabile ed è testimoniata anche da una lettera del drammaturgo veronese Scipione Maffei (1675-1755), pubblicata nel «Giornale dei Letterati d'Italia» nel 1711, in cui sono descritte con minuzia le caratteristiche del nuovo strumento.
Il primo pianoforte costruito dal Cristofori, forse nel 1702, è conservato nel museo dell'università del Michigan (USA). Attualmente sono ancora conservati soltanto altri due strumenti costruiti direttamente dal liutaio padovano: uno, del 1720, è in possesso del Metropolitan Museum of Art di New York, l'altro del 1726, è conservato nel museo degli strumenti dell'università di Lipsia.